LA COMMISSIONE TRIBUTARIA Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 501/1999 depositato il 31 dicembre 1999 avverso s/rif su I rimb. del 4 dicembre 1998 - IRAP, 1998 contro D.E. Alto Adige (sez. Bolzano) proposto da Podini Alessandro, residente a Bolzano in via Weggenstein n. 13. Difeso da Loperfido Nicola residente a Bolzano in via Lancia n. 2. Avverso il silenzio-rifiuto del Centro servizio II.DD. e Ind. di Trento sulla richiesta di rimborso della prima e seconda rata I.R.A.P. versata per l'anno 1998, il dott. Alessandro Podini, residente a Bolzano, ricorre a questa commissione, sostenendo che gli acconti dal medesimo versati non sarebbero dovuti in quanto il d.lgs. n. 446/15 dicembre 1997, col quale e' stata introdotta l'imposta regionale sulle attivita' produttive in esecuzione alla delega contenuta nella legge n. 662/1996, sarebbe in contrasto con i principi sanciti dalla Carta costituzionale in materia tributaria. Avanza, pertanto, l'eccezione di illegittimita' costituzionale del medesimo decreto n. 446/1997, in riferimento agli articoli 3, 23, 35, 53 e 76 della Costituzione con le argomentazioni dettagliatamente riportate nel corpo del ricorso, alle quali si fa qui specifico richiamo e di cui si dira' in appresso. Il ricorso e' stato discusso nella pubblica udienza del 26 maggio 2000 nella quale il ricorrente ha precisato di agire nella sua qualita' di lavoratore autonomo. Il dibattito si e' svolto senza la presenza della parte resistente che non risulta costituita in giudizio. Ordunque, la richiesta di rimborso impegna questo collegio ad esaminare la rilevanza della proposta eccezione di incostituzionalita' ai fini della decisione della controversia ed a verificare la ricorrenza della condizione di non manifesta infondatezza, previa attenta, se pur sintetica, disamina della norma istitutiva dell'imposta sotto il profilo costituzionale. E tuttavia il collegio non intende porre ad oggetto delle proprie valutazioni la complessa configurazione giuridica e l'intera strutturazione dell'imposta, che pur desta, di per se', non lievi problemi in quanto appare diretta a colpire non il patrimonio (ricchezza costituita), non il reddito (ricchezza prodotta), non il trasferimento e neppure il consumo di beni, mostrando cosi' di muovere da presupposti che, in via di principio, potrebbero essere ritenuti incompatibili col nostro sistema costituzionale. Dell'intera questione posta al suo vaglio, cosi' come argomentata nel ricorso in esame, il collegio ritiene rilevante, ai fini della promozione del giudizio di legittimita' costituzionale, quella parte limitata alle norme che istituiscono l'imposta a carico dei lavoratori autonomi e ne disciplinano la tassazione, laddove previste con gli artt. da 1 a 4, 8 e 11 del d.lgs. n. 446/15 dicembre 1997. Questi ultimi lasciano intravvedere profili di incostituzionalita', per contrasto: I. - Con l'art. 3 della Carta costituzionale. Al riguardo si osserva: a) tra le attivita' produttive assoggettate alla IRAP figurano sia quelle esercitate da "le persone fisiche .... esercenti arti e professioni" sia quelle esplicate da "titolari di redditi di impresa". Il dubbio di costituzionalita' concerne il medesimo trattamento, stabilito ai fini IRAP, e per i redditi di lavoro autonomo e per i redditi d'impresa. Orbene, il principio di uguaglianza, sancito dall'art. 3 della Costituzione, vorrebbe che a specificare differenti situazioni faccia riscontro un altrettanto differenziato prelievo fiscale. Or non v'e' dubbio alcuno che "sul piano normativo, altro siano il lavoro autonomo e le libere professioni, altro le attivita' peculiari delle imprese commerciali". E qui si fa pertinente il richiamo alla ben nota sentenza Corte costituzionale n. 42/1980 che ha espressamente riconosciuto tale diversita' allorquando ha sancito l'incostituzionalita' dell'ILOR sui redditi di lavoro autonomo. Il richiamo alla citata sentenza n. 42/1980 viene a rafforzare il dubbio sulla costituzionalita' delle norme IRAP in argomento, proprio perche', in regime di prima applicazione dell'ILOR, due differenti situazioni (redditi di lavoro autonomo e redditi d'impresa) avevano ricevuto dal legislatore il medesimo trattamento tributario, poi riconosciuto illegittimo dal giudice delle leggi. (Rectius: la Corte, in realta', aveva affermato che "ogni discriminazione tra lavoro autonomo e lavoro dipendente e' illegittima poiche', sotto il profilo qualitativo, i redditi professionali sono redditi di puro lavoro, al pari di quelli da lavoro dipendente, e non gia' di redditi misti di capitale e lavoro al pari di quelli d'impresa." Cosi' decretando l'annullamento delle norme che estendevano l'ILOR ai redditi di lavoro autonomo e non a quelli di lavoro subordinato); b) analoghi dubbi di illegittimita' costituzionale insorgono a fronte della norma che opera una discriminazione - che si ritiene ingiustificata - nell'ambito del lavoro autonomo, laddove il d.lgs. n. 446/1997 include tra i soggetti passivi dell'IRAP soltanto i percettori di redditi provenienti dall'esercizio di arti e professioni di cui all'art. 49 comma 1 d.P.R. n. 917/1986 e non anche i percettori degli altri redditi, pur essi di lavoro autonomo, indicati nel secondo comma del medesimo art. 49, come se tra i due tipi di reddito esistesse, per loro intrinseca natura, una profonda differenza qualitativa; c) per contro, il collegio non ritiene che si possa sostenere la fondatezza di analoghi dubbi per il solo fatto che, avendo l'IRAP assorbito il contributo Servizio sanitario nazionale, di cui fruiscono tutti i cittadini, precedentemente pagato da tutti i contribuenti, il d.lgs. n. 446/1997 porrebbe ora tale onere a carico soltanto di alcuni contribuenti. Infatti, e' pur vero che con L'IRAP si e' voluto sostituire una pluralita' di precedenti imposte, ma, dal punto di vita tecnico/giuridico, non e' sostenibile una correlazione tra la vecchia imposizione e la nuova, tal che si possa riconoscere nella legge istitutiva dell'IRAP un provvedimento diretto a modificare o integrare o razionalizzare le materie oggetto delle preesistenti imposizioni; II. - Con l'art. 53 della Carta costituzionale. Al riguardo si osserva: a) se e' corretto intendere la capacita' contributiva come la idoneita' soggettiva - effettiva ed attuale - a contribuire alle spese pubbliche, l'IRAP appare poco persuasiva dal punto di vista di tale capacita'. Segnatamente in tema di imposizione fiscale diretta - nel cui ambito non v'e' dubbio rientri l'IRAP - la capacita' contributiva e', quindi, imprescindibilmente correlata alla "disponibilita' monetaria" attuale secondo il principio che "ogni prelievo tributario abbia causa giustificatrice sulla base di indici concretamente rilevatori di ricchezza" (sentenza Corte Cassazione n. 120/1972). Orbene, il d.lgs. n. 446/1997, nel determinare la base imponibile IRAP, sostanzialmente la riconduce, in termini economici, al valore aggiunto della produzione, segnatamente per i lavoratori autonomi alla differenza tra l'ammontare dei compensi percepiti e l'ammontare dei costi sostenuti. Ma - e qui si appalesa la singolarita' della norma - la medesima esclude da questi ultimi gli interessi passivi e le spese per il personale, quasi che la frazione di valore aggiunto, costituita dalle retribuzioni spettanti ai collaboratori e dagli interessi destinati ai finanziatori, non faccia parte dei componenti negativi dei ricavi. Ne segue che, ove questi (interessi passivi e spese per il personale) dovessero essere pari o superiori ai compensi, si avrebbe una mancata realizzazione di utili ovvero la costituzione di una situazione debitoria. E' evidente, in tal caso, l'effetto perverso dell'imposizione che viene a tassare una ricchezza inesistente, gravando sul contribuente che non ha beneficiato di alcuna entrata monetaria che gli conferisca i mezzi economici per far fronte all'obbligazione tributaria. Insomma, pare di poter concludere che l'IRAP venga applicata non sulla base della "disponibilita' economica" del soggetto passivo, intesa quest'ultima come indice rilevatore di ricchezza e, quindi, di capacita' contributiva, quanto piuttosto per il semplice fatto che il soggetto medesimo svolge una determinata attivita'. Ora, come possa, al limite, essere considerata indice di potenzialita' economica la situazione debitoria del soggetto e' arduo comprendere. Il fatto, poi, che non sia consentita la deducibilita' della IRAP ai fini dell'imposta sul reddito personale determina un ulteriore effetto perverso, quello di tassare un imponibile ai fini IRPEF/IRPEG al lordo di un'imposta incidendo persino su contribuenti che non hanno prodotto alcun reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi; b) riesce assai ardua una rilettura dell'art. 53 della Costituzione diretta ad individuare nuovi criteri che possano consentire l'abbandono del concetto di capacita' contributiva come espressione soggettiva, priva del carattere dell'astrattezza e dell'impersonalita', una rilettura cioe' diretta ad individuare una nozione di capacita' contributiva diversa da quella tradizionale, cosi' come individuata dalla dottrina e dalla giurisprudenza, la stessa richiamata nella precedente lett. a) quale premessa alle considerazioni ed argomentazioni che ne sono derivate; III. - Con l'art. 76 della Carta costituzionale. La legge di delega n. 662 del 23 dicembre 1996 art. 3 comma 143 ha tracciato i criteri e sancito i principi entro i quali circoscrivere l'autonomia e la discrezionalita' del potere delegato. In particolare ha stabilito l'obbligo per quest'ultimo di legiferare in modo da "ridurre il costo del lavoro ed il prelievo complessivo che grava sui redditi di lavoro autonomo". Orbene, pur omettendo di pronunciarsi - a causa di ovvio impedimento ad una preventiva disamina tecnico tributaria, estranea a questa sede - sulla fondatezza della denuncia avanzata dal ricorrente circa il "notevole, clamoroso" aumento della pressione tributaria sui lavoratori autonomi, derivante dall'IRAP, questo collegio non puo' esimersi dal rilevare come non sia affatto agevole dimostrare, nella fattispecie, il rispetto da parte del legislatore delegato dei principi e dei criteri contenuti nella legge delega, non foss'altro per la ovvia constatazione che una nuova imposta e' venuta a colpire i redditi dei lavoratori autonomi, senza peraltro che questi ultimi potessero avvantaggiarsi dell'abolizione di altri tributi che non gravavano precedentemente su di essi. Ne' si puo' sottacere dei risultati paradossali, fors'anche contrari a quelli previsti, nei casi in cui l'IRAP viene addirittura ad esautorare la stessa fonte di produzione su cui si basa, fino ad estromettere dal mercato i contribuenti in difficolta' finanziarie, quasi che la selezione degli operatori economici competa al legislatore fiscale piuttosto che al libero mercato. Per tutte le considerazioni svolte questo collegio, pur consapevole del margine di discrezionalita' che caratterizza le scelte normative in materia di attuazione d'una legge delega, ritiene che sussistano fondati elementi che fanno insorgere il dubbio di legittimita' costituzionale di alcune norme contenute nel decreto istitutivo dell'IRAP.